venerdì 16 dicembre 2011

VALORI SEMPLICI

Sono numerosi i commenti buttati qua e là sulla nostra famiglia a seguito dell'ingresso di Francesco e Massimo. Era inevitabile. L'astio e le condizioni personali che contraddistinguono i rapporti dei nuovi arrivati con altri nostri amici hanno attribuito a questo evento una valenza ben maggiore di quella che di fatto dovrebbe avere. Stiamo pur sempre parlando di una scelta - operata esclusivamente dal sottoscritto - di accettare due nuovi elementi nel gruppo Papapicus. Insomma, nulla di così eclatante se non fosse che trattasi di due ragazzi estromessi da una famiglia pioniera in questo genere di relazioni sociali, e peraltro estromessi da un gruppo ed accettati in un altro in un lasso ristrettissimo di tempo. Ebbene, posso comprendere il malessere che ne è disceso, ma questo certamente non mi responsabilizza verso l'esterno al punto da dover dare spiegazioni o chiarimenti. Sono un uomo libero e amo dare libertà agli altri essere umani. Non hanno rilevanza per me le cause che hanno determinato la rottura tra i due nuovi accolti e parte della famiglia Tudor, visto che anche io ho una dignità da capogruppo e una capacità critica che mi dà la scienza della decisione. So per certo che non posso costringere coloro che coordinano un’altra famiglia ad accettare le mie scelte e condividerle, né tanto meno condizionare il loro pensiero cercando di essere convincente sul piano della necessità di usare il più possibile democrazia nella vita. Ma so anche un’altra cosa, molto più rilevante della prima: se devo spiegare le motivazioni legate alla decisione di permettere a Francesco e Massimo l’ingresso nel nostro gruppo, questo lo devo ai miei stessi protetti, ai membri della Papapicus. E qui dichiaro pubblicamente l’intenzione, sostenuta da molti di noi, di organizzare prestissimo un incontro privato al fine di permettere a me, da un lato, di formalizzare i motivi dell’ingresso dei nuovi arrivati e, dall’altro, di accordare a tutti i componenti della Papapicus (ivi inclusi i neomembri) il diritto di replica o di ratifica della scelta. Un’ultima precisazione: il mio gruppo è improntato a principi e valori che rispecchiano esattamente la mia personalità, come del resto credo capiti in ogni comunità sociale; c’è un fondatore che propone un’idea di condivisione e c’è chi vi aderisce, sapendo che dovrà sforzarsi di conformarsi ad essa. Ebbene, nel mio caso, questi valori sono semplici: la generosità, la bontà d’animo, la cura dell’altro, il confronto sereno, la serietà del giudizio, l’amore. Se questi sono anche i vostri principi, sapete bene di cosa stia parlando. E semmai qualcuno dovesse trovare insostenibile essere generoso, buono, premuroso, comprensivo, obiettivo, amorevole, quel qualcuno saprebbe bene di per sé che fare. Pace e bene.

sabato 5 novembre 2011

La casetta

Tutto è iniziato in questa casetta di via Addis Abeba. Questo scatto la riprende nel giorno dell'addio. Trasloco verso il nulla. Questa casetta torna a cercarci, portandoci ricordi indelebili...
 

giovedì 20 ottobre 2011

Il coperchietto in plastica

Da noi lo chiamano coperchietto, quel piccolo dado sul cerchione della gomma per la messa a pressione. Ogni macchina ne ha quattro, la mia tre. Uno me l’hanno fregato. Un coperchietto in plastica, brutto, nero, insignificante pezzo di officina che a comprarlo potrebbe costare cinquanta centesimi. Eppure, me l’hanno fregato. Un anno fa ne avevo quattro in metallo, splendenti, belli; mi  fregarono pure quelli. Al mio gommista ordinai di montarmeli in plastica perché credevo di ripararmi dai vandali. Macché! Qui si fa l’America anche con i coperchietti in plastica.E pensare che per un coperchietto io potrei non arrivare a fine mese...

domenica 18 settembre 2011

E non sono più solo...

Sul punto di crollare, proprio quando non sai più a cosa aggrapparti per restare in piedi, allora ti accorgi che ad un passo da te c'è una rivoluzione, un bene assoluto, un cuore tutto per te. E' così vicino alla perfezione questo stato mentale che puoi temere addirittura di essere in un sogno personale. Invece è tutto vero, tutto meravigliosamente vissuto. Ho cominciato a lasciare e a prendere segni. Piccoli sassi uno sull'altro per costruire città intere. E non sono più solo.

martedì 16 agosto 2011

Sto con le mani giunte

Amo il tuo modo di sorridere, di guardare, di parlare o di fare silenzio. Amo il tuo corpo morbido. Amo i tuoi occhi penetranti. Amo la tua gelosia che mai si paleserà nei miei confronti. Amo tutto questo che per me è il meglio. Sono io che non rappresento il meglio per te. Me ne rendo conto. Amo queste lacrime che scendono per un dolore magnifico. Amo perderti così, disperatamente. Perché ho la misura esatta di quanto sia un uomo piccolo e sprovveduto, rispetto alla tua anima irragiungibile. Amo questo Michele così com'è. Bellissimo, impossibile. Lontano, freddo. Unico. Perduto. Sto con le mani giunte sul viso a raccogliere lacrime, a dedicartele...

giovedì 11 agosto 2011

La trama di un film

Ti ho visto a passeggio con il cane, per anni, lungo i marciapiedi del mio quartiere. Altero, proseguivi schivando sempre i miei sguardi, troppo abietti per te. Eppure, le nostre chiacchierate virtuali si proponevano obiettivi intraprendenti. Nulla s'è fatto. La ragione l'avrei capita tempo dopo. Stasera usciamo insieme, quasi come avessimo sviluppato la trama di un film. Drammatico, naturalmente.

sabato 30 luglio 2011

Semplicemente Papapicus

Nulla da dire. Solo far vedere quanta vita indimenticabile siamo stati capaci di creare. Amo ognuno di voi. Non dimentichiamoci mai.

lunedì 25 luglio 2011

Nessuna sorpresa

Nessuna sorpresa. In fondo, la sorpresa vera è starci ancora. Come il vento di oggi, insistente, un po' noioso, uguale. Di questo passo l'estate agguanterà settembre prima del dovuto. E con settembre i miei quarantuno anni, assenti, inutili, già vissuti e svaniti ancor prima di essere presi. Nessuna sorpresa attesa e nessuna sorpresa capitata. Soltanto certezze di nullità. Nullo l'amore che ho serbato per te e nullo il mare immenso in cui hai fatto annegare quei baci respirati con avida tenerezza. E pur nel fumo di una, cento sigarette, che con successione lenta hanno riempito il palato di corazze impenetrabili, pur nel fumo amaro che ha cancellato i segni dentro la bocca, io tengo il sorso del tuo bacio ancora attonito, fermo qui. Tanto da non riuscire a vocalizzare più le mie debolezze per te. Tanto da essere un vacuo minuto di follia per ogni minuto che ti porta lontano da me. Nessuna sorpresa, insomma... se la sorpresa sei tu.

lunedì 18 luglio 2011

Ho ripreso la mia vita


Stasera ho ripreso il mio gohonzon, dopo averlo lasciato in custodia per quattro lunghi mesi. Il gohonzon è l'oggetto di culto buddista e rappresenta la mia vita. In questi mesi la mia vita è andata a rotoli, probabilmente perché ho tenuto il gohonzon troppo lontano da me. Davanti al gohonzon si prega. si prega non una entità esterna a noi stessi, ma si rivolge il delicato pensiero al nostro cuore. Si prega affinché i giorni prendano la piega che solo il ritmo vitale dell'universo ha tenuto in serbo per noi. Domani riprenderò a pregare. Ora ci sei anche tu nella mia vita, chissà. pregherò perché tutto si manifesti liberamente, assecondando il tempo preparato per me e per coloro che potranno entrare in me.


martedì 12 luglio 2011

Sei stato condannato

Che poi ti guarda con occhi briosi e ti sputa in faccia un veleno!
“Sei stato condannato, lo sai no?”

Uno pensa “e questa che vuole?”, soprattutto in un pomeriggio afoso come questo. La conosco a malapena, i capelli biondi e ammollati.
“No che non lo so!”

Le mie condanne sono state tante, molte ancora da scontare. Me ne rendo conto. Né poteva essere diversamente se a un tratto cambi totalmente vita, giri, amicizie, ideologie, stati. Mi sono creato stuoli di nemici, gente che oggi a vedermi morto si farebbe un giro di danza intorno alla tomba. Ma mai avrei pensato di trovarmi condannato in contumacia per fatti a me estranei. Che in verità tanto estranei non sono, visto che mi hanno chiamato in causa per una di quelle firme che apponi senza avvedertene, così per fare un piacere a qualcuno e che ti scordi pure di aver messo. Raggirato? Ma si, diciamolo pure. Il coglione di turno.

“Sei stato condannato a risarcire i danni e le spese processuali, sai tanti soldi…”.
Uccidetemi!


mercoledì 6 luglio 2011

Ci si mette in macchina una domenica mattina di fine maggio col sole fulgente della piena estate. Si attraversano rose ed ulivi a tutta velocità, prendendo colpi di colore negli occhi. Ci si sente felici. Le campagne isolate dell'entroterra sono più belle delle sudate spiagge dove si riversa un mondo mediocre di bagnanti. Siamo gli unici missionari che salgano verso la cima della collina abbandonandoci il mare alle spalle, intenti a macinare zolle di terra per capire i segreti di lunga vita della vecchia dell'eremo. Novant'anni zoppicanti e dediti alla preghiera continua, questa donna antiquata ci ama e ci regala ciliegie a volontà e noi la omaggiamo con una visita di cortesia. Questo posto isolato, però, ha oggi parole di saluto e ci fa ricadere addosso una grandiosa ombra come di carrubo sgangherato e sorprendentemente flesso in avanti che muore di lento degrado. E' l'esatta coscienza della storia, è la valutazione del limite e il suo ultimo raggiungimento. I ricordi diventano rovine tra rovi che straziano e sospendono gli attimi del cuore. C'è forse qualcosa che si muove nel ventre di mia moglie, qualcosa di nuovo che rinnova i cicli dell'umanità, ma il sorriso un po' spento di ciascuna pietra dell'eremo e la disincantata colpa dell'oblio hanno diviso la mia gioia. Sta tornando a Dio ogni mia proprietà: la premura materna della vecchia, le mani nodose che creavano attaccamento, le benedette volte in cui mi mettevo in ascolto delle sue parole. E le maledette posture lasciate sotto il carrubo nel tempo della passione. Tutto torna indietro o si catapulta troppo in avanti, tutto al di fuori della nostra portata. Rimane quella vertigine provata per aver messo un piede nella storia e averci perso definitivamente un pezzo. Mia moglie è qui che mi bacia ed è l'unica salvezza. 

giovedì 23 giugno 2011

Sei un piccolo fiore per me

Si è alzato un coro soffice, come brezza venuta a raccogliere le lacrime. Mille cuori tutti al loro posto, dentro il tuo. "Sei un piccolo fiore per me", questo diceva sottovoce la marea sul sagrato, sugli spigoli delle case, sulle lastre di pietra in fondo alla strada, sulle finestre aperte e dovunque ci fosse uno spazio da riempire. E mentre questo giorno caldissimo ci avvolge e con noi si muove assecondando la musica, che si insinua stretta tra le nostre spalle addossate l'una all'altra, tu canti più forte nel silenzio della morte. "E il dolore che hai, mi ricorda qualcosa... va beh...".

martedì 21 giugno 2011

Ciao Ettore

Ciao Ettore, che fai stasera? Scommetto che ti stai preparando per registrare un altro video, vero? Canta, Ettore, canta e non fermarti nemmeno ora.:* Perché a morire siamo noi, con i nostri pianti inconsolabili, con le nostre prossime giornate difficili. :°°°

http://www.youtube.com/watch?v=ojMpgOC6r0I&feature=share

[morire a 18 anni è un furto]


lunedì 20 giugno 2011

La densa onda della malinconia

Al primo appuntamento sono arrivato in ritardo. Avrei dovuto sfaccendarmi per portare nel suo nuovo alloggio da universitario scatole, cartoni e cianfrusaglie varie, ma al mio arrivo tutto era stato sistemato. Aveva l'aria di un ragazzo semplice o meglio l'aria di chi tale vuole farsi credere. Gli occhi chiari, bellissimi, dolci. Dapprima mi ha ripreso per il ritardo, forzando un'animosità che di fatto non gli appartiene, poi si è seduto dandomi la mano per un attimo. Un attimo che è durato per sempre. Ci siamo coniugati come due piccoli sensibilissimi verbi nel tempo di una battuta, da lì urlando giorno per giorno fiumi di parole. Abbiamo fatto di ogni dolenza la comune appartenenza. Il pianto amaro di nostra madre a saperci diversi, il velo di tristezza che ci appanna solo a dire padre, il rimorso e la colpa piantata solo a ricordare il lontano amore per le compagne: questi sono punti fermi che ci inchiodano l'uno all'altro. E poi tanto bene, tutto il bene di un fratello che si avvicina per rimuovere la densa onda della malinconia e te la ridona in forma di sorriso.

Sugli ammansiti occhi appena un ciglio
di mestizie, che Luca davanti al mare
trattiene come un ceppo con le sue foglie,
indolente perché dicembre è possente
quando torna a sferrare sulla faccia
i giorni prima di Natale. Io stesso
che incedo al vento, io stesso mi sfrondo.
Ma dicembre è un passante immemore,
uno sbuffo che Luca ed io respiriamo
perché congiunti ci apprestiamo a fare
di ogni dolenza la comune appartenenza.
Perché non c’è altro mare che ci inzuppi
la coscienza o ci stemperi il cuore molle
più del pianto amarissimo di nostra madre.

domenica 19 giugno 2011

Ingresso libero

Talvolta la vita si arena e non sai muovere i mucchi di sabbia. Non è neanche detto che la soluzione più giusta sia spostarli. Forse sono lì ad indicare che la direzione da prendere è da tutt’altra parte. Altrove, lì dove mai hai pensato di portarti o dove ti sei portato e non ci hai creduto. Stasera è una sera così. E anche ieri sera. Da qualche tempo il tempo è sempre lo stesso, nulla che porti giovamento, nulla che mostri una tendenza contraria. A detta di chi sa capire i miei silenzi, questo è solo un tempo di attesa. Ma che c'è da attendere se la cosa più preziosa è già arrivata? Ecco, il punto allora non è più aspettare: è riprendere. Quando respingi una persona, la persona della tua vita, puoi spendere vanamente il resto della tua esistenza, come infilare al buio una chiave nella serratura, finché non provi paradossalmente a riprendertela. E del resto, raggiunta quella consapevolezza, non servono più chiavi o meccanismi di apertura: l'ingresso diventa libero.


Caffè di domenica

Toglietemi tutto, ma non gli occhiali. Senza occhiali mi sento nudo. Non è il massimo del glamour, specie se ci si sbatte in pista. L'ultima volta mi sono volati via e non so come abbia potuto ritrovarli sani. La verità è che la mia faccia è moscia, quasi volgare nella sua semplicità. Un bel paio di occhiali, ecco sì, mi rivitalizzano. Mi danno un senso. E naturalmente, ci vedo molto meglio. Come sedermi a questo tavolino del cazzo di un bar afoso di Bari, come prendere la bustina dello zucchero di canna e non versarmela addosso, come fermare l'immagine davanti a me in un click estemporaneo. Che poi, tanto estemporaneo non è, visto che scatto foto pure alle mosche e pure a quelle volate via...