domenica 6 gennaio 2013

TI AMO MORTALMENTE

Madre, io ti amo. Ti amo mortalmente. Ed è una delle pochissime certezze della mia vita. Ti amo non perché sono tuo figlio, per lo meno non solo perché da figlio sono compenetrato.  A chiunque riuscirebbe amare una madre. Da uomo ormai adulto so riconoscere che tra me e te esiste lo stesso intimo dialogo che corre tra la sponda e l'acqua di mare. La differenza tra te e una madre qualunque sta nel coraggio che metti ogni giorno nel curare le ferite di un figlio omosessuale. Da quando ti ho portata in ogni mia profondità, da quando sei scesa senza limiti nel mio cuore martoriato, da quando hai cominciato a credere che anche io e Domenico siamo famiglia, abbiamo parlato una lingua colma di significanti irraggiungibili, altissimi. Le tue raccomandazioni con Domenico, quando, di fronte alla paura di vederrmi ferito dalla gente nella mia sensibilità, l'hai preso in disparte chiedendogli di preservarmi dal male e di corprirmi di amore, ebbene queste tue raccomandazioni fatte alla persona che riempie le mie giornate sono la prova carnale che il tuo essermi madre è sublime. Io ti amo mortalmente e te lo devo dire, madre. Non avrei potuto desiderare di meglio per me. Adesso potrei anche morire, ho sentito di aver vissuto con te l'apice della vita.

venerdì 23 novembre 2012

Ho tolto qualcosa a qualcuno

Di questa vita che va storta, quante colpe ho? Tante, troppe. E stasera, dopo un alterco con te, ne ho avuto ancora conferma. 
Perché acquisire libertà può a volte privare qualcun altro di qualcosa? 
Non so se sarò mai felice di me, della mia vita. So solo che ho tolto la felicità a qualcuno. E mai me lo perdonerò.

giovedì 11 ottobre 2012

Nel maggio del 1994 ho 23 anni e mezzo


Nel maggio del 1994 ho 23 anni e mezzo e prendo una cotta incredibile per un mio coetaneo. Cantiamo insieme nel coro parrocchiale e frequentiamo un ambiente molto chiuso: nessuno sa di noi, nemmeno noi stessi.

Nel novembre del 1998 chiudo quella storia perché non voglio dare risposte alla mia coscienza. Stare con un altro uomo è impensabile per me, per la mia famiglia, per la mia chiesa. Tutto l'amore che provo per il mio tipo non è sufficiente per abbattere la mia barriera mentale. Nessuno sa ancora di me.

Nel dicembre del 1998 subisco stalking dal mio ex: persecuzioni quotidiane e pedinamenti continui perché non accetta il mio abbandono. Fingo di partire per la Germania presso parenti, ma in realtà mi rintano in casa per un mese intero come fossi sotto sequestro. Mia madre è complice di questo "arresto ai domiciliari" perché ha compreso che sono turbato. Mi fa: "ma ti piacciono gli uomini?". Io: "Sì".

Dicembre 1998: comincia lo stalking di mia madre. Dalla minaccia del suicidio alla colpevolizzazione. Io lotto ogni giorno contro i suoi ricatti morali, ribadendo fermamente la mia identità sessuale. Mio padre è fuori da queste dinamiche.

Dicembre 1998: eppure cado nello stesso errore. Forse voglia di riscatto, forse amore vero, inizio una storia con una donna. Il mio ex non perde occasione per infangarmi e si reca da lei per raccontare ogni nostra pregressa intimità. Lei non teme questa verità e con grande spirito si lega a me per sette anni.

Dicembre 2005: mi sposo. Ora ho 35 anni e sono maturo. Non ho più paura della mia omosessualità e sono pronto anche a manifestarla. La mia donna è il mio uomo ideale. Con lei ho imparato ad accettarmi e a fare quel passo in più verso un'autostima da anni cercata. Amo questa donna perché mi ha fatto sentire me stesso, senza discriminazioni. Mia madre sull'altare mi chiede: "Sei sicuro di questo passo?". Io: "Sì".

Giungo 2007: lascio mia moglie, abbandono il tetto coniugale e vado a vivere da solo in un’altra città. Ho di nuovo perso la testa per un ragazzo che dice di amarmi. Mi mette di fronte ad una scelta: o lei o io. Io scelgo lui, scelgo l’istinto e la natura. Mi illudo di scegliere l’amore. A decisione presa, lui mi abbandona. Sono depresso ed entro in terapia per due anni. Incontro i miei suoceri e dico loro di essere gay. Mi umiliano, mi cacciano via.

Ottobre 2012: sono tornato provvisoriamente a vivere dai miei. Ho una relazione seria con un ragazzo, sono separato civilmente dalla donna che ho sposato e aspetto di tornare a vivere in una casa tutta mia. Lo farò a breve. Sono felice di me. Mia madre non ha mai abbandonato il sogno di vedermi ritornare con la mia ex moglie, eppure è premurosa con il mio compagno quando, prima di preparargli un dolce, si accerta di non usare la nocciola perché sa che ne è allergico. Mio padre è ancora fuori da queste dinamiche. Mio fratello e mia cognata sono cordiali con il mio compagno ed hanno saputo leggere nei nostri occhi un amore molto vicino a quello loro. I miei ex suoceri non mi salutano, la mia ex moglie mi adora e sono spesso a cena da lei. Ora frequento liberamente l'ambiente GLBT, sono il capo di un gruppo di amici uniti sotto l'unica egida dell'amore umano, uguale e solidale. Sto bene. Amo il mio compagno e amo mia madre, amo gli amici e amo la vita che mi è stata data in dono. Sono “uscito dall’armadio a muro”.

domenica 13 maggio 2012

Auguri madre


Quella votata voce svanisce, madre

Quella votata voce svanisce, madre,
col tempo che sai portarti via il fiato
e le note d'una nenia a me così cara.
Sul serio mi chiedo quale travaglio
non meriti ancora il miele sulle piaghe,
quale infinito sorriso non vada riso
tuttora dalle nostre comuni labbra.
Sotto le ombre brulicate dei rimpianti
mi assiepo, spira la gelida nostalgia
dei papaveri quando tra le braccia
si stendono per assopirsi.

[Francesco Papapicco]

***

C'è un istinto ingovernabile più degli impulsi carnali, c'è un legame inviolabile che non riconosciamo per pudore. Una madre resta la donna incompiuta, quel convincimento interiore che ci condiziona. Quando matura la scelta di separare le vite e di avviare un nuovo processo di crescita, ritorna il ritmo materno nel suo primitivo ruolo biologico distaccando dalla nostra compiuta razionalità attimi di nostalgia. Si fa così greve l'assenza delle prime nenie quanto più indispensabile diventa il distacco! "Quale travaglio non meriti ancora il miele sulle piaghe, quale infinito sorriso non vada riso tuttora dalle nostra comuni labbra"? So che una madre avrebbe risposte troppo pericolose, pregne di un essere facilmente suggestionabile, che ci immobilizzerebbe in un abbraccio eterno; tuttavia, la vita è un paradosso da assecondare per intero, così che si abbia la possibilità di partecipare attivamente alla continuazione del tempo. E fingerci "papaveri tra le braccia" solo nell'intimo sonno di ogni notte, discretamente.


sabato 7 aprile 2012

La mancanza di un capo

Mi accorgo che siamo a Pasqua solo perché vedo uova colorate dappertutto. Per quanto mi riguarda, potrebbe anche essere la commemorazione dei morti del 2 novembre. Ho prodotto un cratere sul mio labbro, scavando di continuo con i denti, con le dita fino a sentire il sapore velenoso del sangue. Sento di essere stato tradito dagli affetti più cari. Tradito non per via di un'azione deplorevole, né per qualche altro torto inaspettato. Tradito come può sentirsi un cucciolo di cagna, affamato, emaciato e messo in disparte per quella selezione naturale che istintivamente comanda alla madre di curare i cuccioli più forti e sani. Tradito come detronizzato. Tradito come snobbato. Tradito come deprezzato. Ho poche parole ormai da dire e quelle poche non sono più nemmeno autorevoli. Ho perso.

***


Favola di Esopo n. 237

I topi e le donnole
Era scoppiata la guerra tra i topi e le donnole. I topi che venivano sempre sconfitti, fecero una riunione tutti insieme e conclusero che la causa dei loro insuccessi era la mancanza di un capo. Di conseguenza, dopo aver scelto alcuni di loro, per alzata di mano li nominarono strateghi. Costoro, per distinguersi dagli altri, fabbricarono delle corna e se le applicarono. Ma, quando divampò la battaglia, i topi, sbaragliati in massa, cercarono rifugio nei buchi e, mentre tutti gli altri vi si insinuarono facilmente, i capi non riuscirono a infilarsi per colpa delle corna. E così vennero catturati e divorati. Nello stesso modo la vanagloria è per molti fonte di guai”.

venerdì 16 dicembre 2011

VALORI SEMPLICI

Sono numerosi i commenti buttati qua e là sulla nostra famiglia a seguito dell'ingresso di Francesco e Massimo. Era inevitabile. L'astio e le condizioni personali che contraddistinguono i rapporti dei nuovi arrivati con altri nostri amici hanno attribuito a questo evento una valenza ben maggiore di quella che di fatto dovrebbe avere. Stiamo pur sempre parlando di una scelta - operata esclusivamente dal sottoscritto - di accettare due nuovi elementi nel gruppo Papapicus. Insomma, nulla di così eclatante se non fosse che trattasi di due ragazzi estromessi da una famiglia pioniera in questo genere di relazioni sociali, e peraltro estromessi da un gruppo ed accettati in un altro in un lasso ristrettissimo di tempo. Ebbene, posso comprendere il malessere che ne è disceso, ma questo certamente non mi responsabilizza verso l'esterno al punto da dover dare spiegazioni o chiarimenti. Sono un uomo libero e amo dare libertà agli altri essere umani. Non hanno rilevanza per me le cause che hanno determinato la rottura tra i due nuovi accolti e parte della famiglia Tudor, visto che anche io ho una dignità da capogruppo e una capacità critica che mi dà la scienza della decisione. So per certo che non posso costringere coloro che coordinano un’altra famiglia ad accettare le mie scelte e condividerle, né tanto meno condizionare il loro pensiero cercando di essere convincente sul piano della necessità di usare il più possibile democrazia nella vita. Ma so anche un’altra cosa, molto più rilevante della prima: se devo spiegare le motivazioni legate alla decisione di permettere a Francesco e Massimo l’ingresso nel nostro gruppo, questo lo devo ai miei stessi protetti, ai membri della Papapicus. E qui dichiaro pubblicamente l’intenzione, sostenuta da molti di noi, di organizzare prestissimo un incontro privato al fine di permettere a me, da un lato, di formalizzare i motivi dell’ingresso dei nuovi arrivati e, dall’altro, di accordare a tutti i componenti della Papapicus (ivi inclusi i neomembri) il diritto di replica o di ratifica della scelta. Un’ultima precisazione: il mio gruppo è improntato a principi e valori che rispecchiano esattamente la mia personalità, come del resto credo capiti in ogni comunità sociale; c’è un fondatore che propone un’idea di condivisione e c’è chi vi aderisce, sapendo che dovrà sforzarsi di conformarsi ad essa. Ebbene, nel mio caso, questi valori sono semplici: la generosità, la bontà d’animo, la cura dell’altro, il confronto sereno, la serietà del giudizio, l’amore. Se questi sono anche i vostri principi, sapete bene di cosa stia parlando. E semmai qualcuno dovesse trovare insostenibile essere generoso, buono, premuroso, comprensivo, obiettivo, amorevole, quel qualcuno saprebbe bene di per sé che fare. Pace e bene.

sabato 5 novembre 2011

La casetta

Tutto è iniziato in questa casetta di via Addis Abeba. Questo scatto la riprende nel giorno dell'addio. Trasloco verso il nulla. Questa casetta torna a cercarci, portandoci ricordi indelebili...