lunedì 20 giugno 2011

La densa onda della malinconia

Al primo appuntamento sono arrivato in ritardo. Avrei dovuto sfaccendarmi per portare nel suo nuovo alloggio da universitario scatole, cartoni e cianfrusaglie varie, ma al mio arrivo tutto era stato sistemato. Aveva l'aria di un ragazzo semplice o meglio l'aria di chi tale vuole farsi credere. Gli occhi chiari, bellissimi, dolci. Dapprima mi ha ripreso per il ritardo, forzando un'animosità che di fatto non gli appartiene, poi si è seduto dandomi la mano per un attimo. Un attimo che è durato per sempre. Ci siamo coniugati come due piccoli sensibilissimi verbi nel tempo di una battuta, da lì urlando giorno per giorno fiumi di parole. Abbiamo fatto di ogni dolenza la comune appartenenza. Il pianto amaro di nostra madre a saperci diversi, il velo di tristezza che ci appanna solo a dire padre, il rimorso e la colpa piantata solo a ricordare il lontano amore per le compagne: questi sono punti fermi che ci inchiodano l'uno all'altro. E poi tanto bene, tutto il bene di un fratello che si avvicina per rimuovere la densa onda della malinconia e te la ridona in forma di sorriso.

Sugli ammansiti occhi appena un ciglio
di mestizie, che Luca davanti al mare
trattiene come un ceppo con le sue foglie,
indolente perché dicembre è possente
quando torna a sferrare sulla faccia
i giorni prima di Natale. Io stesso
che incedo al vento, io stesso mi sfrondo.
Ma dicembre è un passante immemore,
uno sbuffo che Luca ed io respiriamo
perché congiunti ci apprestiamo a fare
di ogni dolenza la comune appartenenza.
Perché non c’è altro mare che ci inzuppi
la coscienza o ci stemperi il cuore molle
più del pianto amarissimo di nostra madre.

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